Tutela della continuità aziendale e Covid-19. Il punto a cura di Gioacchino Dell’Olio
L’emergenza sanitaria che tuttora è in corso e l’avvio, seppur graduale, dal 4 di maggio della cd. fase due, di riaccensione del sistema produttivo del Paese, viene accompagnata da una serie di interventi legislativi straordinari, inseriti, prima, nel decreto legge “Cura Italia” e, poi, in modo particolare, in quello denominato “Liquidità”, finalizzati a garantire la continuità delle imprese e la contestuale neutralizzazione degli effetti potenzialmente pregiudizievoli che la diffusione del covid-19 sta producendo sui conti di molte aziende.
In questo breve commento ci occuperemo solo di quelli relativi alla stesura dei bilanci e di alcune disposizioni di natura civilistica, volti a rafforzare, per quanto sia possibile, lo scudo alzato a favore delle nostre imprese, contenute nel decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 (cd. decreto liquidità).
In primis, va sottolineato il differimento al 1° settembre 2021 dell’entrata in vigore del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” per tutte quelle previsioni normative che non sono già operative. In specifico, ci riferiamo al “sistema di allerta”, fondato sulla segnalazione dei fondati indizi di crisi, anche mediante la determinazione degli indicatori di bilancio. La particolare difficile situazione in cui il comparto imprenditoriale sta attualmente vivendo renderebbe di fatto vanificata la vera ratio posta a fondamento delle procedure di allerta, generalizzando gli effetti sfavorevoli che riguardano sistematicamente l’intero tessuto produttivo del Paese.
L’art. 6 del decreto liquidità provvede poi a disapplicare dal 9 aprile e sino a tutto il 31 dicembre del corrente anno le disposizioni di cui agli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis commi quarto, quinto e sesto e 2482-ter del Codice Civile. In buona sostanza, ciò significa che le perdite di capitale che si dovessero produrre nel periodo temporale che va appunto dal 9 aprile alla fine dell’anno non costituiranno una causa di scioglimento per le società di capitali e per le stesse cooperative e, cosa sicuramente importante, non determineranno delle responsabilità sociali per gli amministratori che si troveranno a gestire una situazione molto complicata, con un capitale netto al di sotto delle ordinarie soglie di guardia e continuando, peraltro, ad operare con i criteri ordinari di funzionamento e non liquidatori.
A scanso di equivoci, va però subito detto che qualora a seguito delle perdite generatesi durante il periodo prima individuato, di disapplicazione degli obblighi di ricapitalizzazione ovvero di riduzione del capitale nel caso questo diminuisca di oltre un terzo, ma non oltre il minimo di legge, gli stessi amministratori sono comunque tenuti a fornire l’adeguata informativa ai soci, convocandoli in sede assembleare ed evidenziando con un’apposita relazione la situazione patrimoniale della società ed allegando alla stessa il parere dell’organo di controllo ovvero del revisore, a seconda della diversa configurazione societaria.
In forza di quanto sopra si attua una sorta di deresponsabilizzazione degli organi amministrativi nel caso in cui per perdite generatesi a causa dell’evento epidemiologico nel corso del corrente anno, gli stessi dovessero continuare a gestire le società con criteri ordinari e non conservativi, propri di uno status liquidatorio e finalizzati al mantenimento dell’integrità del patrimonio sociale a garanzia dei creditori sociali e dei terzi interessati alle sorti dell’impresa.
Attenzione, però, come già indicato, al fatto che le perdite derivino effettivamente dalla situazione di emergenza sanitaria e non, invece, da componenti per così dire strutturali (ossia, temporalmente pregresse); in quanto, in quest’ultimo caso, il salvagente lanciato dal governo Conte non sarebbe operativo.
L’articolo 7 del decreto liquidità, in coerenza con lo sforzo di tutela del capitale di funzionamento delle imprese, provvede poi a sospendere, in riferimento al bilancio di esercizio 2020, ma altresì in ordine al bilancio 2019 (per molte società cooperative ancora in corso di approvazione), uno dei criteri fondamentali di redazione dei bilanci che è quello previsto dall’art. 2423-bis, comma 1°, n. 1), ossia il principio civilistico e contabile secondo il quale “ … la valutazione delle voci deve essere fatta … nella prospettiva della continuazione dell’attività …”. Si tratta del principio della continuità aziendale (il cd. going concern) disciplinato dall’OIC 11 e dal principio di revisione Isa Italia 570.
La norma di tutela interviene prevedendo che tutte le imprese che sulla base dei dati ed elementi noti e disponibili alla data del 23 febbraio 2020 (data di sostanziale separazione fra i due periodi temporali ante e post covid-19) integravano il presupposto della continuità aziendale, possono, per vera e propria presunzione legale, ritenersi in continuità, anche successivamente, e sino alla fine del corrente esercizio, a prescindere da quanto accaduto dopo la data spartiacque del 23 febbraio u.s.. Di conseguenza, dette imprese, se si trovavano nella condizione della continuità aziendale al 23 febbraio 2020, potranno redigere i bilanci di esercizio 2019 e 2020 presupponendo comunque la persistenza di detta condizione e ciò indipendentemente dagli eventi successivi prodottisi a causa degli effetti economici pregiudizievoli del corona virus.
A tal riguardo è comunque opportuno e richiesto che nel documento di nota integrativa ovvero di relazione sulla gestione a corredo del bilancio di esercizio 2019, l’organo amministrativo provveda in modo esauriente a fornire tutte le informazioni ritenute necessarie a supporto della sussistenza del presupposto della continuità aziendale.
Ciò significa – ed occorre qui porre la massima attenzione anche da parte degli organi di controllo o di revisione – che la presunzione legale di continuità aziendale non opera per quelle imprese che già prima del 23 febbraio 2020 (e quindi per motivazioni non strettamente correlate all’emergenza del covid-19) non si trovavano in una situazione di equilibrio economico e patrimoniale e, pertanto, avevano già perduto il presupposto della continuità.
In ultimo, l’articolo 8 del decreto liquidità, partendo dal presupposto che la situazione di lockdown e di riattivazione graduale del motore produttivo del Paese richiederà importanti flussi finanziari, ed in particolare di iniezioni di capitale fresco, anche da parte dei soci, prevede che per i finanziamenti effettuati dai soci a favore delle società a partire dal 9 aprile u.s. e sino a tutto il 31 dicembre 2020, non si applichi la regola della cd. postergazione (ossia, in buona sostanza, dell’equiparazione dei prestiti a dei versamenti in conto capitale) di detti crediti finalizzati al rifinanziamento societario rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali.
A cura di Gioacchino Dell’Olio