La città divisa cerca il rilancio. E un Centro Studi che condivida i dati per decidere il futuro

La città è divisa. Ma in tanti hanno voglia di lavorare insieme.
Genova era divisa negli anni Sessanta quando il sociologo Luciano Cavalli così la definiva, rimarcando la storica separazione politico-culturale tra le periferie operaie del Ponente e della Val Polcevera rispetto ai quartieri residenziali di vecchia e nuova borghesia sulle colline del centro e a Levante.
Lo è ancora di più oggi, con la caduta del ponte, con inevitabili effetti negativi sulle condizioni di vita nei quartieri e sull’intero tessuto economico.
Ma al convegno promosso dall’Università di Genova sono stati in tanti (qui sotto alcune delle video interviste realizzate) a spiegare progetti e idee per salvare Genova dal declino.
Anche se le disuguaglianze crescono e c’è chi si chiede ” sino a quale livello possiamo sopportarle per la nostra democrazia”. Anche se le disuguaglianze portano addirittura a speranze di vita diverse da quartiere a quartiere. Anche se Genova ha perso 300.000 abitanti da quando era polo nevralgico dell’industria pesante.
La vie di uscita ci sono. Mettendo al centro la ricerca e i giovani. Cogliendo le trasformazioni e ricordandosi di essere città di intermediazione dei traffici di tutto il mondo.
Ma per trovare la via di uscita occorre conoscere e condividere i dati. Perché senza questo passaggio la classe dirigente non ha più elementi per ripensare la città.
Da qui l’importanza dei centri studi, in grado di mettere a sistema anche per il movimento cooperativo quanto già si sa, sviluppando ricerche condivise e partecipate dagli altri poli di ricerca.
L’Osservatorio delle Disuguaglianze sociali del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, il Centro Studi “Genova che Osa” ed il Centro Studi Cooperativi CSC Liguria “Danilo Ravera” (realizzato da Ames e Legacoop Liguria) hanno dimostrato nel convegno che gli strumenti e le competenze ci sono. Si faccia avanti chi è interessato a sviluppare il progetto.

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