Emergenza nelle RSA: quindicimila persone hanno continuato a fare il loro dovere senza mai tirarsi indietro
Ecco il testo di una lettera aperta firmata dalle principali organizzazioni che, nei diversi settori e competenze, sono impegnate nelle RSA. Una lettera vuole essere, innanzitutto, un segno di rispetto e di affetto per gli operatori, gli ospiti e i loro famigliari.
Questa lettera aperta vuole essere un contributo per comprendere cosa sta accadendo nelle RSA narrando ciò che è accaduto in questi ultimi due mesi nei nostri servizi socio sanitari residenziali.
Volutamente usiamo una definizione un po’ tecnica, servizi socio sanitari residenziali, perché vogliamo parlare non solo di RSA per anziani ma più ampiamente di tutte quelle strutture che accolgono persone in condizione di vulnerabilità quali i centri di riabilitazione per disabili, le comunità terapeutiche per soggetti psichiatrici, per le dipendenze, per i minori.
Strutture diffuse su tutto il territorio regionale, pensate per offrire cure e assistenza prevalentemente “di lungo termine”, il cui funzionamento è disciplinato dalla normativa regionale sia per quanto riguarda i parametri di personale (quali figure e per quanto tempo devono operare) sia per i requisiti strutturali (mq stanze, idoneità locali) sia per le prassi cliniche e gestionali; il rispetto delle norme da parte di chi gestisce le strutture viene ordinariamente verificato dal personale di Alisa, delle ASL, dei Servizi Sociali dei Comuni, dei NAS, dell’Ispettorato del Lavoro .
La quasi totalità delle Strutture opera in regime di accreditamento con il Sistema Sanitario Regionale rispettando ulteriori parametri di qualità fissati da Regione Liguria, contrattualizzando con le ASL il volume delle prestazioni erogabili a fronte di rette giornaliere definite sempre a livello regionale, riconosciute a fronte dei servizi erogati ai cittadini che spesso co-partecipano alla spesa oppure se ne fanno carico totalmente laddove non vi siano sufficienti coperture di risorse pubbliche.
Su questo sistema disciplinato, organizzato e verificato, che accoglie più di 20.000 persone e impiega più di
15.000 dipendenti, ha impattato imprevedibilmente, violentemente e subdolamente l’emergenza Coronavirus.
A partire dalla fine di febbraio è stato un continuo lottare alla ricerca di soluzioni per impedire il contatto del virus con i nostri ospiti che abbiamo continuato ad accudire consci della responsabilità che ci stavamo assumendo.
Il 22 febbraio, quando qualche esperto qualificato parlava di un qualcosa di simile ad un’influenza, noi ricevevamo le prime indicazioni dal Ministero della Salute, il 23 di febbraio la prima ordinanza di Regione Liguria per limitare gli accessi, il 24 febbraio prima riunione in Alisa, per noi era già emergenza, forse per il resto deI cittadini liguri non ancora.
Alcuni di noi avevano già chiusi gli accessi ai visitatori, con fermezza. Siamo stati contestati per questo, ci hanno detto che volevamo nascondere qualcosa, il tempo ha detto che siamo stati previdenti. Nessuno poteva avere piena consapevolezza di quello che sarebbe accaduto e soprattutto nessuno in allora era attrezzato, a partire da chi è preposto istituzionalmente a fronteggiare le emergenze (la Protezione Civile Nazionale che tante volte ha dimostrato la sua prontezza di fronte alle calamità naturali a sua volta si è trovata completamente spiazzata di fronte a questo tipo di emergenza).
Il 4 marzo riceviamo il DPCM che conferma la sospensione delle visite lasciando alle nostre Direzioni Sanitarie la possibilità di eventuali deroghe e attribuendogli il compito di adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezioni.
Noi stavamo già piangendo i nostri defunti.
E siamo andati avanti tenendo la barra dritta, giorno dopo giorno, quando le priorità (e i riflettori) erano puntati sui reparti di urgenza ospedaliera, i pronto soccorso erano intasati e ci veniva richiesto di non inviare pazienti.
Marzo è stato il periodo peggiore perché in questa situazione emergenziale, in continua trasformazione, raggiunti da decine di mail, documenti e disposizioni non disponevamo però di quello che era ed è indispensabile: i dispositivi di protezione individuale ed il giusto numero di personale.
Da subito i DPI hanno scarseggiato, l’azione iniziale decisa a livello nazionale è stata di accentrarne l’acquisizione tramite Protezione Civile per poi distribuirli, innanzitutto negli Ospedali, poi gli altri; noi eravamo tra gli altri, e quindi a noi sono arrivati tardi.
E’ superfluo dire che ci siamo iperattivati da subito anche per acquistarne privatamente, costituendo gruppi di acquisto per importare anche noi direttamente dalla Cina, ma, come è noto, almeno per un certo periodo gli ordini fatti da privati sono stati sequestrati ed i produttori e fornitori hanno dato priorità ai servizi ospedalieri ed alle ASL.
La prima consegna di DPI fornitaci da Regione Liguria è del 20 marzo, distribuiti solo alle strutture per anziani che avevano già situazioni complesse, perché i pezzi non bastavano per tutti, perché non ce n’erano, perché anche gli Ospedali erano in affanno nonostante fossero la priorità.
Da allora la situazione è cambiata, i quantitativi ricevuti sono cresciuti, la settimana prossima la distribuzione raggiungerà tutti i servizi, nessuno escluso; vogliamo evidenziare che la distribuzione dei DPI per i nostri Enti forniti da Regione Liguria e Protezione civile è a cura di nostri operatori volontari, prelevando il materiale dal magazzino centrale del San Martino e smistandoli secondo criteri stabiliti da Alisa in 5 punti di consegna (uno per asl) dove possono essere ritirati.
Nonostante la scarsità di DPI si è continuato ad operare, ottimizzandone l’impiego e cercando sostenere chi era più in crisi, condividendo freneticamente tra noi i riferimenti di dove si potevano reperire, a volte purtroppo anticipando pagamenti di ordini che non sono mai arrivati.
Per quanto riguarda il personale purtroppo alcuni operatori hanno iniziato ad ammalarsi, sia nei nostri servizi che in quelli ospedalieri, e non era facile sostituirli.
Non è così noto ma ordinariamente è già difficile in Liguria reperire Infermieri e Operatori Socio Sanitari, si può facilmente comprendere come questa criticità si sia acuita in tempo di emergenza virus.
Ancora una volta abbiamo sottostato alla logica della priorità: le nostre piante organiche, già ridotte, si sono ulteriormente indebolite, le ASL e le Aziende Ospedaliere per sopperire alle loro carenze (dovute alla nostra stessa causa) hanno contattato e assunto con effetto immediato personale che era in servizio presso le nostre Organizzazioni, mettendoci ancora più in difficoltà.
Anche questa volta, così come nel caso dei DPI, non si pensi che ci siamo rassegnati, abbiamo continuato a segnalare la drammaticità di queste carenze, richiedendo un canale diretto per i tamponi e la disponibilità della consulenza di un virologo, giorno dopo giorno, costantemente, perché va detto, costante è stato il rapporto con Regione Liguria ed Alisa.
Lo abbiamo fatto civilmente senza alimentare polemiche perché sappiamo per esperienza diretta quanto sia difficile assumere decisioni e responsabilità nel definire le priorità in momenti di emergenza.
Oggi il quadro è migliorato ma attenzione, per noi è sempre emergenza, è sempre fase 1, anche se lo scenario si è capovolto e l’attenzione è più rivolta ai nostri servizi, stanno giungendo in struttura e ne siamo grati i primi sostegni di infermieri e medici inviati da Regione Liguria e Protezione Civile.
C’è infine un tema su cui davvero vorremmo richiamare l’attenzione di tutti: ad affrontare queste difficoltà immense ed impreviste c’era e c’è il nostro straordinario personale, del cui valore troppo poco si parla.
In questi due mesi di caos loro sono stati il vero punto di riferimento per le persone accolte, spesso persone non autosufficienti, spesso uomini e donne non in grado comprendere il perché di tante misure di sicurezza, i motivi di tanto sconvolgimento.
E tanto più non si comprende, tanto più si diviene poco collaborativi, aumenta il bisogno di essere ancor di più accuditi, ascoltati, rassicurati e questo hanno saputo fare in questi due lunghi mesi i nostri operatori, con tutta la professionalità di cui sono capaci e con la loro straordinaria umanità, in tutti i ruoli ed in tutte le funzioni, medici, infermieri, educatori, operatori socio sanitari, cuochi, personale dei servizi ausiliari, manutentori.
Quindicimila persone hanno continuato a fare non solo il loro dovere ma di più, hanno tutto quello di cui c’era bisogno.
I nostri servizi non sono state pensati e attrezzati per contenere epidemie, non sono nati per isolare, per dividere; in un tempo ordinario si lavora per dare vicinanza, per fare stare insieme le persone, perché “qualità di vita” significa anche vincere l’isolamento e la solitudine di chi è più fragile.
I nostri operatori si “chiamano per nome” e così gli ospiti, nelle nostre strutture si cerca di ricreare un senso di famiglia, di riprodurre per quanto possibile il calore di una casa che con dolore i nostri assistiti hanno dovuto lasciare.
I nostri operatori sono consapevoli di portare sulle spalle enormi responsabilità, sanno che possono essere i vettori del contagio per chi vive in struttura, sanno di lavorare in ambienti a rischio dove potrebbero contrarre l’infezione, sanno che rientrando a casa potrebbero portare il virus.
Eppure da due mesi, nonostante i legittimi timori, la fatica di indossare i DPI, i turni di lavoro dilatati, continuano a dispensare sorrisi e cure, fedeli ad una scelta di vita prima ancora che professionale: prendersi cura dei più deboli. Questa lettera aperta vuole essere un segno di rispetto e di affetto per i nostri operatori, i nostri ospiti ed i loro famigliari, con l’auspicio che altri si uniscano a questo riconoscimento, non sappiamo se la strada da percorrere salirà ancora ma di certo sarà ancora lunga e ci sarà bisogno di un grande aiuto da parte di tutti.
Paolo Arrica, Sandro Frega – Lega Cooperative Liguria Roberto Saita – Agespi Liguria Ezio Temporini – Anaste Liguria Giandario Storace – Anffas Liguria Andrea Bongioanni – Aris Liguria
Francesco Berti Riboli – Confindustria Genova
Valerio Balzini, Pierpaolo Rebecchi – Confcooperative Liguria
Paolo Merello – Coread Coordinamento Regionale Enti Accreditati Dipendenze Aldo Moretti – Corerh Coordinamento Regionale Enti Riabilitazione Handicap Simone Torretta – Crea Coordinamento Regionale Enti Anziani Religiosi e No Profit
Lorenzo Tassi – Fenascop Liguria Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psichiatriche Andrea Rivano – Forum Ligure Terzo Settore Giuseppe Grigoni – Uneba Liguria