Imprese sociali: un intervento degli avvocati Cuocolo e Cavassa
Lo scorso 11 agosto è entrato in vigore il D.Lgs. 95/2018, disposizione che rientra nel complesso processo di riforma del terzo settore, questa volta in materia di impresa sociale, andando a novellare la disciplina originariamente prevista dal D.Lgs. 112/2017 (cd. Decreto di riforma dell’impresa sociale).
Dal punto di vista prettamente operativo si segnala lo slittamento al 20 gennaio 2019 del termine per adeguare lo statuto delle imprese sociali, originariamente fissato al 20 luglio 2018 (art. 17 c. 3).
Viene inoltre previsto che l’attività dei volontari può essere supplementare e, pertanto, non sostituiva rispetto a quella espletata dai soggetti effettivamente impiegati coerentemente con i parametri di impiego di operatori professionali previsti dalla normativa in vigore (art. 13).
Inoltre, ai sensi del nuovo comma 2 bis dell’art. 3, non è vietata la distribuzione (anche indiretta) di utili ed avanzi di gestione provenienti da imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, a condizione che lo statuto o l’atto costitutivo ne indichi criteri di ripartizione – da calcolarsi in proporzione alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici – e che si registri un avanzo della gestione mutualistica.
La riforma ha introdotto anche delle novità per imprese che forniscono occupazione a lavoratori “molto svantaggiati”. A questo proposito, la normativa in commento ha individuato un ulteriore requisito rispetto a quanto già contemplato dall’art. 5, c. 2: oltre ad essere previsto un numero minimo di persone svantaggiate o con disabilità, nonché di lavoratori molto svantaggiati, è stato infatti inserito un limite temporale di 24 mesi dalla data di assunzione, oltrepassato il quale il prestatore di lavoro in questione non può più considerarsi svantaggiato. In altre parole, il legislatore ha affermato che lo status di “lavoratore molto svantaggiato” non può essere permanente.
Il nuovo decreto introduce inoltre una clausola “di salvaguardia” che subordina tutte le operazioni aziendali straordinarie (trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio), al mantenimento e rispetto delle finalità tipiche e dell’identità specifica dell’impresa sociale in forma cooperativa (art. 12). Queste ultime vengono individuate esplicitamente dallo stesso legislatore nell’assenza dello scopo di lucro, nell’esistenza di vincoli di destinazione del patrimonio e nel perseguimento delle attività indicate nello statuto.
La novella interviene, in modo rilevante, anche sugli aspetti fiscali e più genericamente economici disciplinati dall’art. 18. In particolare, nella novellata formulazione dei primi due commi, per le imprese sociali viene prevista l’esclusione dal reddito imponibile delle somme destinate al versamento del contributo per l’attività ispettiva prevista all’art. 15 del decreto, come pure degli importi destinati ad apposite riserve in conformità all’art. 3. Al contrario, diviene ora imponibile ogni distribuzione di utili ai soci, anche nel caso in cui ciò avvenga attraverso un aumento gratuito di capitale.
Viene inoltre consentito l’utilizzo delle riserve a copertura di eventuali perdite senza che ciò determini la decadenza dai predetti benefici fiscali. Tale circostanza, tuttavia, comporta l’impossibilità di distribuire gli utili ai soci fintantoché le riserve non siano state ricomposte (art. 18 c. 1).
Infine, per l’ottenimento dei già noti vantaggi riguardanti lo sgravio sull’IRPEF per i soci (art. 18 c. 3) e la detrazione sul pagamento dell’imposta sul reddito delle società (art. 18 c. 4) è ora necessario che l’impresa sociale abbia acquisito tale qualifica da non più di cinque anni (a differenza dei tre originariamente previsti). Si noti, tra l’altro, che in entrambi i casi la novella richiede il mantenimento dell’investimento per un periodo anch’esso non inferiore al quinquennio, pena la decadenza del beneficio e il recupero integrale della tassazione.
Prof. Avv. Lorenzo Cuocolo – Avv. Stefano Cavassa
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